Race (Il Colore della Vittoria)

Scheda caricata in Biopic da - Aprile 10, 2016
Race (Il Colore della Vittoria)

Stephen Hopkins racconta con tono a tratti didascalico la ben nota vicenda del velocista Jesse Owens dal ghetto di Cleveland, passando per la Ohio State University, alle glorie olimpiche dei Giochi di Berlino del 1936. Intorno alla vicenda principale si muovono storie parallele come quella di una America che punta il dito verso la Germania trascurando la segregazione razziale che regna sovrana soprattutto nel Sud del Paese. E’ interessante seguire la vicenda politico-sportiva legata alla minaccia poi rientrata di un boicottaggio statunitense dove emerge la figura di Avery Brundage, futuro presidente del CIO dal 1952 al 1972, che con ogni mezzo si impone sul presidente del Comitato Olimpico statunitense Mahoney o la storia in versione film nel film della regista Leni Riefenstahl la cui maestria cinematografica, consacrata dal lungometraggio Olympia, emerge a tutto tondo in un personaggio umano e professionale “verticale”


 

“Strano, ma vero. Una figura leggendaria, dal punto di vista sportivo, come quella di Jesse Owens (…) non è mai stata celebrata al cinema. Arriva, quindi, questo biopic a porre rimedio a questa singolare dimenticanza, con il benestare delle figlie dell’indimenticabile velocista nero (…). Diciamo che il risultato, vista la lunga attesa di ottant’anni, poteva essere migliore di questa storia che non si discosta mai dai soliti luoghi comuni, pur mettendo in luce alcuni episodi poco conosciuti del campione olimpico. (…) Stephan James è un Owens credibilissimo, capace di tirar fuori un ritratto umano che piacerà anche alle signore al seguito.” (Maurizio Acerbi, ‘Il Giornale’, 31 marzo 2016)

“Nel film è tutto un po’ troppo romanzato (…). Il racconto in questo modo anziché arricchirsi sembra spuntarsi, disperdersi per accumulo eccessivo di elementi. Forse perché quando la leggenda incontra la realtà è la leggenda che prevale. (…) Per affrontare la storia di Jesse Owens così come ha fatto il regista Stephen Hopkins sulla base della sceneggiatura di Joe Shrapnel e Anna Waterhouse, sarebbe stato meglio puntare su una piccola serie tv, in modo da poter dare spazio e risalto adeguato ai diversi personaggi e alle diverse storie che si incrociano. (…) l’esordiente Stephan James (…) offre comunque un’interpretazione più che dignitosa di un personaggio strapazzato dagli eventi e dalle persone.” (Antonello Catacchio, ‘Il Manifesto’, 1 aprile 2016)

 

 

 

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